UN’INFEZIONE di per sé innocua, causata dal reovirus, che colpisce l’intestino, potrebbe essere la “miccia” che scatena la celiachia. La malattia, che colpisce 170.000 italiani, è sempre stata considerata di origine genetica, ma da qualche anno a questa parte nuovi studi hanno indicato che ad accelerare la sua comparsa potrebbero essere delle infezioni virali in soggetti già predisposti.
Una ricerca dell’università di Chicago, che è stata pubblicata oggi su Science, lo dimostra per la prima volta. “Abbiamo scoperto che un virus comune e asintomatico può comunque lasciare strascichi sul sistema immunitario e predisporre il soggetto a un disordine autoimmune, come la celiachia”, spiega Bana Jabri, del dipartimento di Medicina e Pediatria dell’università di Chicago, che ha guidato lo studio.
La celiachia è un’infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione del glutine, proteina che si trova principalmente in frumento, orzo e segale. La cura ancora non esiste, l’unica terapia efficace è una dieta priva di glutine. Ma l’ultima scoperta potrebbe aprire la strada ai vaccini. Durante l’esperimento Jabri e la sua equipe, tra cui la pediatra italiana Valentina Discepolo, hanno usato due diversi ceppi di reovirus umano e li hanno iniettati in topi da laboratorio. Uno dei ceppi ha provocato un’eccessiva risposta del sistema immunitario che come conseguenza non è stato più in grado di tollerare il glutine.
“L’infezione ha scatenato un meccanismo che ha mandato in confusione il sistema immunitario e gli ha fatto “vedere” il glutine come fosse un virus da combattere” , spiega a la dottoressa Discepolo, dell’università Federico II di Napoli e dell’università di Chicago.
I ricercatori hanno scoperto anche che i pazienti celiaci avevano un numero di anticorpi di reovirus molto più alto dei soggetti sani, un’indicazione che probabilmente sono stati infettati dal virus a un certo punto della loro vita. Magari da bambini, si ipotizza. “Quando il sistema immunitario è ancora immaturo, particolarmente nel primo anno di vita, un’infezione virale intestinale da reovirus potrebbe lasciare una sorta di cicatrice che, combinata con la prima esposizione al glutine (di solito avviene intorno ai 6 mesi con lo svezzamento) potrebbe creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo della malattia”, prosegue Discepolo.
Per questo si sta pensando ai vaccini. Quello per il reovirus ancora non esiste ma se in futuro fosse messo a punto, seguendo una strategia preventiva si potrebbero vaccinare i soggetti più a rischio, per esempio i figli dei celiaci, a pochi mesi di vita e prima dello svezzamento. Ma esiste un altro tipo di vaccino, molto promettente, anche per gli adulti. “Viene definito vaccino peptidico, induce il sistema immunitario a tollerare il glutine e a non riconoscerlo come un nemico. Lo ha inventato l’australiano Robert Anderson e si chiama NexVax2. È in fase sperimentale ma credo ci vorranno ancora una decina d’anni prima che entri in commercio”, prevede Discepolo.
Mentre la pillola, più volte favoleggiata, che permetterebbe a chi è allergico al glutine di mangiare ciò che vuole dopo averla ingerita, per ora si è dimostrata inefficace e purtroppo irrealistica.